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NADIÈ

2017-02-03 16:50

Admin

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Primo singolo da "Acqua alta a Venezia", nuovo lavoro della band siciliana in uscita il 17 febbraio per Terre Sommerse / La Chimera Dischi

NADIÈ
"Solo in Italia si applaude ai funerali"
Primo singolo da "Acqua alta a Venezia", nuovo lavoro della band siciliana in uscita il 17 febbraio per Terre Sommerse / La Chimera Dischi
"Dovremmo sentirci offesi tutti / come bandiere a mezz’asta" sono le parole che chiudono come una specie di sigillo "Acqua alta a Venezia", secondo disco dei Nadiè in uscita il 17 febbraio 2017 per Terre Sommerse / La Chimera Dischi. Il nuovo lavoro della band siciliana viene anticipato dal singolo radiofonico "Solo in Italia si applaude ai funerali" disponibile da oggi, un brano dedicato "all’unico popolo che applaude all’uscita dei feretri (famosi) non rispettando il silenzio sacro di una morte ma comportandosi come se fosse il pubblico di uno spettacolo. Tutto in Italia diventa ’carnascialesco’, anche la fine. La bambina uccisa da uno stupro o il terremotato rimasto sotto le macerie, o il giudice ucciso dalla mafia. Ognuno viene salutato (in segno di rispetto?) con un fragoroso applauso."
"Solo in Italia si applaude ai funerali" è uno dei brani più rappresentativi di "Acqua alta a Venezia", il disco rock sulla rabbia dei Nadiè. Un sentimento sempre meno frequentato nella musica indipendente italiana, soprattutto come possibilità costruttiva e disvelante, che qui viene spurgata in dieci canzoni cariche di tensione, alla stregua di flussi elettrici in cui immergersi ed uscire purificati. Dieci istantanee collettive e individuali di un Paese invaso da una marea di amoralità e degenerazione etica che ha superato ogni limite - da cui il significato del titolo - aggredendo anche la cultura e la bellezza.
"Acqua alta a Venezia" è un disco cattivo, un lavoro frontale, senza traiettorie oblique, lasciando che siano le metafore cariche di sarcasmo e l’impatto di bpm accelerati, chitarre abrasive, ritmiche incalzanti ed effetti sui pedali a generare una convulsione capace di travolgere l’ascoltatore e amalgamare ogni singolo brano. Non c’è traccia lungo la scaletta che non sia tagliente, anche laddove si fanno largo aperture melodiche o strutture tipicamente pop con ritornelli e strofe corte.
I Nadiè raccontano l’acqua alta che ha invaso la nostra Venezia quotidiana, ovvero la coazione a sprofondare sotto il peso di ignoranza, religione, disillusione, scarsa qualità della vita, gioventù fuori controllo, malapolitica e malcostume ma anche rapporti personali fra genitori e figli, amici, amanti all’insegna dell’incomprensione, del silenzio e dello sfilacciamento di ogni legame.
Ogni brano è un episodio di vita vissuta, una storia a sé, uno squarcio di verità più o meno onesta, come tessere di un mosaico che si poggiano l’uno con l’altro per creare un personaggio centrale, un corpo di bambino con un volto a testa di coniglio (come nella copertina) che ti fissa senza espressione. A questa figura i Nadiè rispondono con uno sguardo impietoso, in cui la rabbia diventa denuncia e sbeffeggiamento, non evitando "sentenze" che spesso nascondono anche una ferma autocritica.
La tracklist di "Acqua alta a Venezia" vibra di collegamenti interni che se da un lato non rendono il disco un concept-album vero e proprio, dall’altro lo rafforzano in quanto a coerenza e compattezza d’intenti. Ci sono connessioni fra brani più decisi come "Dio è Chitarrista", "Solo in Italia si applaude ai funerali" e "Bandiere a mezz’asta" che riguardano in modo esplicito uno scenario "politico". Altri leggermente più lenti, come "Fuochi" o "La bionda degli Abba", si focalizzano invece su aspetti più intimi, mentre "Gli Sposi" e la title-track riguardano in toto il disfacimento dei rapporti umani. Un aspetto evidente anche in due manrovesci di psichedelia e sarcasmo come "Conigli" e "Breve esistenza di un metallaro" ma pure nell’urticante "In discoteca".
Ciascun episodio è il punto di vista su un luogo geografico, culturale e mentale nel quale "si applaude ai funerali" proprio mentre tutto intorno muore. Ma forse è proprio la rabbia, la consapevolezza e l’esigenza di non arrendersi insita in canzoni come queste ad impedire che alla fine vinca l’acqua alta. E che tutto sprofondi definitivamente.
Linkhttp://www.nadieofficial.comhttps://www.facebook.com/nadieband(foto Pinupfoto Emanuele Fuardo)"Carillon" è il primo singolo radiofonico dei Tagua accompagnato dal videoclip realizzato dal chitarrista della band Paolo De Feudis.Il brano anticipa l’uscita del disco d’esordio della band bergamasca "Sincronisia", previsto per il prossimo 13 gennaio in totale autoproduzione.
"’Carillon’ - raccontano i Tagua - è una canzone decisamente biografica. Una sera di primavera Emanuela, la nostra cantante, ha ritrovato in una vecchia scatola da lei custodita per molti anni il carillon che suo padre le faceva sentire quand’era piccola per cullarla e farla addormentare. Riascoltare quella musica le ha riportato alla mente i momenti bellissimi passati con lui, in un misto di profonda malinconia e dolcezza. Lo stesso mood riecheggia nella melodia su cui Paolo ha lavorato per questo pezzo che parla di mancanza e della sofferenza di chi non può più vivere accanto ad una persona che non c’è più."
Il significato del brano spiega il senso del clip, dove immagini cosmiche di galassie e nebulose si intrecciano a quelle di una giostra e di paesaggi dove il tempo scorre più velocemente del normale. La memoria, le mancanze, ma anche la volontà ferma di resistere e rinascere sono fra le tematiche di "Sincronisia", disco rock scuro e impattante che nasconde fra le tensioni di basso e batteria e le abrasioni elettriche delle due chitarre un’inquieta sensibilità femminile, data dalla voce di Emanuela Valsecchi, anche autrice dei testi.
Un contrasto ben rappresentato dal nome della band, ispirato ad una varietà di avorio vegetale ricavato dai semi di una palma del Sud America che è molto simile all’avorio animale per consistenza, colore e aspetto, dunque una materia dura ma non lesiva verso gli animali. Questa indole bivalente trova la propria sincronia - da cui il titolo del disco in forma di neologismo - nei brani del disco, un classico lavoro di indie-rock che nasce dalle cose migliori del rock internazionale anni Novanta, ma anche a quello che accadde in quel periodo nel nostro Paese, dove l’elettricità incontrò la melodia per inevitabili ragioni di dna. Talora però i Tagua virano verso atmosfere più dark o rinforzano la pasta sonora in una direzione maggiormente hard-rock, non tralasciando aperture melodiche ricche di pathos, drittissime quadrature e climax tanto densi quanto brevilinei.(foto Emanuele Biava)
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